Che tipo quel Gesù Cristo!Cardinal Giacomo Biffi Il cristianesimo è una persona: Gesù Cristo.
Gesù Cristo è il cuore, il vertice, la sintesi dell’annuncio evangelico; questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Il cristianesimo, in sé, non è una concezione della realtà, non è un codice di precetti, non è una liturgia. Non è neppure uno slancio di solidarietà umana, né una proposta di fraternità sociale. Anzi, il cristianesimo non è neanche una religione. E’ un avvenimento, un fatto. Un fatto che si compendia in una persona.
Oggi si sente dire che in fondo tutte le religioni si equivalgono perché ognuna ha qualcosa di buono. Probabilmente è anche vero. Ma il cristianesimo non è una religione, ma è Cristo. Cioè una persona.
L’identickit di Cristo.
Io ho puntato su di lui la mia vita, l’unica vita che ho; e quindi sento il bisogno ogni tanto di contemplarne il mistero, di rinfrescare l’identikit di Cristo.
Molte volte sentiamo parlare di Gesù Cristo, ogni tanto sul giornale c’è qualcuno che fa qualche scoop su di lui, ogni tanto si inventano e danno interpretazioni su chi sia Gesù Cristo, ma gli unici testi che ci parlano di Cristo soni i Vangeli. Perciò o si sta ai Vangeli, oppure si rinuncia a parlare di lui. Quindi, non dirò neanche una parola che non sia documentabile, a differenza di chi si inventa libri, film e parole.
Che tipo era?
Prima domanda, la più semplice: che tipo era questo Gesù Cristo? Che uomo era? Questo il Vangelo non lo precisa. E devo dire che un po’ mi secca, perché ho puntato la mia vita su di lui e non so neppure di che colore fossero i suoi occhi. Era bello o era brutto? Be’, secondo me, era bello.
C’è un episodio dell’undicesimo capitolo del Vangelo di Luca. Gesù sta parlando alla folla. All’improvviso una donna, lanciando un grido di entusiasmo, dice: “Beato il grembo che ti ha portato in seno e che ti ha nutrito”. Ecco, questo è il primo panegirico di Cristo. Ed è fatto in termini molto… corporei. Tant’è vero che poi Gesù le rimprovera di trascurare la parola di Dio per soffermarsi sulla sua bellezza: “Beati quelli che ascoltano la parola di Dio”.
Noi però ringraziamo questa donna sconosciuta che ci ha permesso di rispondere alla nostra domanda preliminare: Gesù era davvero un bell’uomo.
I suoi occhi.
E aveva anche due splendidi occhi. Lo sguardo di Gesù colpiva chi lo incontrava. I Vangeli, soprattutto quello di Marco, parlano spesso del suo sguardo: penetrante su Simone, che gli viene presentato dal fratello; affettuoso sul giovane ricco, quello che poi se ne va perché lui gli dice di “lasciare tutto e seguirlo”; di simpatia su Zaccheo, ilo capo dei pubblicani, gli esattori delle imposte che rubavano (solo allora, per carità, non voglio dar giudizi…), che lo guardava stando appollaiato su un albero. E, ancora, di tristezza sull’offerta dei ricchi, di sdegno su quel che avveniva nel tempio, di dolore per chi lo tradisce….Insomma, il suo era uno sguardo che parlava.
Aveva idee chiare.
E che faceva capire come Gesù avesse idee chiare. Molto chiare. Quando parlava non diceva mai “forse, secondo me, mi pare”. E non aveva peli sulla lingua neanche con i potenti: ricordate quando dà delle “volpe” al re erode?
Uomo libero.
Ma una delle cose più belle di Gesù è che era un uomo libero. Anche dai suoi amici. Quando san Pietro fa la sua professione di fede (ogni tanto ne azzeccava una anche san Pietro…) Gesù gli fa un panegirico mai dedicato a un uomo, tanto che san Pietro probabilmente si ringalluzzisce, comincia a pensare in grande. Ma quando Gesù gli annuncia che il suo destino è quello di essere mandato a morte, e Pietro, che già si sente “primo ministro del regno di Dio”, lo prende per un braccio e lo rimprovera, Gesù neanche lo guarda e lo tratta malissimo: “Và via da me Satana, tu non pensi alle cose di Dio ma alle cose degli uomini” Niente male per un amico, no?
Ancor più libero con i parenti.
Con i parenti, poi, certe volte era anche peggio. Quando Gesù abbandona la sua casa, a trent’anni, loro lo considerano pazzo. Lo dice il Vangelo di Marco, capitolo terzo: “Uscirono (i suoi parenti) per andare a prenderlo, perché dicevano – E’ uscito di sé-, è fuori di testa”. Poi, quando la gente comincia ad andargli dietro, i parenti cercano di riavvicinarsi a lui, perché capiscono che in qualche modo sta conquistando potere. E allora chiamano Maria, per cercare di convincere Gesù a tornare da loro. E lui? Capisce tutto al volo. E fa finta di non riconoscere nemmeno sua madre.
Gesù amava.
Ma non crediate che fosse un uomo troppo duro. Gesù amava. Molto. Anzitutto, i bambini. Sapeva capirli, dote che raramente noi adulti abbiamo: in genere, quando parliamo con loro, sappiamo solo chiedere quanti anni abbiano, quale classe frequentino… Roba che loro non interessa per niente. Lui, invece: “Lasciate che vengano a me”. Poi, gli amici. Aveva un forte senso dell’amicizia, Gesù. Per esempio era molto amico dei suoi discepoli; e, tra questi, era particolarmente legato a Pietro, Giovanni e Giacomo; e, ancora, tra questi soprattutto Giovanni gli era più amico. Insomma, anche lui aveva delle preferenze tra i suoi amici. Come è giusto: gli amici non sono mica tutti uguali. Poi, Gesù amava il suo popolo. Si sentiva pienamente ebreo, israelita. Tanto che il pensiero della distruzione di Gerusalemme lo fece addirittura piangere.
La sua attenzione ai particolari.
Ma c’è un’altra cosa della personalità di Gesù che mi ha sempre colpito: la sua attenzione ai particolari. Gesù stava molto attento alle piccole cose della vita, anche perché sapeva che poteva farne delle parabole. Pensate a quella, quasi “emiliana”, del regno di Dio che è simile a una donna di casa che prende un po’ di lievito e lo impasta con la farina finché è tutto fermentato. O a quell’altra dell’amico seccatore che deve essere accontentato pur di potersene liberare. Verissimo.
Mi ricorda i nove anni in cui sono stato parroco a Legnano: c’era una donna che veniva a tormentarmi ogni giorno, lamentandosi del marito. Ma che cosa potevo fare, io? Non potevo mica ammazzarlo!
Un episodio: una “lucciola”.
E ce ne sarebbero tanti altri, di episodi da ricordare. Nel capitolo settimo di Luca si racconta che Gesù è a pranzo da un capo fariseo: a un certo punto viene dentro una di quelle donne che non si sa come chiamarle… Diciamo una “lucciola”. Questa donna si mette vicina a lui e comincia a fargli dei complimenti, lo profuma. Era una scena gravissima: come se ad un pranzo parrocchiale in cui il parroco di Granarolo invita il sindaco e il maresciallo dei carabinieri una di quelle donne entrasse e si mettesse a fargli dei complimenti… Eppure Gesù non si scompone. Anzi, la difende quasi con cavalleria.
Una figura umana eccezionale: soltanto questo?
Dal Vangelo, dunque, riconosciamo una figura umana eccezionale. Al punto che quando Ponzio Pilato lo presenta alla gente dice: “ecco l’uomo”.
E invece io dico: ecco il punto. Gesù era solo un uomo? Perché anche la maggior parte delle persone che non credono lo considerano un grande uomo, da stimare. Ma è una posizione insostenibile, se guardiamo a quello che Gesù Cristo stesso dice di sé. Esempi? Si definisce “figlio dell’uomo”, che era il titolo usato nelle profezie di Daniele per indicare un personaggio misterioso che sarebbe venuto dal cielo e che avrebbe posto fine alla storia. E con questo Gesù evoca la sua origine celeste e la sua definitività. Poi, dice di essere “più grande di Davide”; e Davide era il re ideale, l’ideale della monarchia e della regalità per gli ebrei.
E’ più che un uomo.Ma la cosa forse più seria la dice nel discorso della montagna. “Beati i poveri…” e via dicendo, ricordate? Bè, quel discorso lui lo inizia così: “Avete udito che è stato detto agli antichi non uccidere. Io invece vi dico…”. Pensateci bene: con questa frase Gesù quasi “corregge” la rivelazione di Dio. Cioè rivendica a Sé anche il potere di giudicare l’uomo. E chi può farlo se non uno che si crede Dio? E le altre cose che raccomanda? “Chi dà la vita per me la troverà…”. Oh, dare la vita per uno non è mica uno scherzo. Una volta, in una visita pastorale, un bambino ma ha chiesto: “Ma tu saresti disposto a dare la vita per il Signore?” Io ci ho pensato su e gli ho risposto: “Senti, io sarei anche disposto a dare la vita per il Signore. Però mi seccherebbe parecchio”. Che era un tentativo di mettere insieme il dovere con la sincerità. E ancora: “Dà da mangiare a tuo fratello perché in lui vedi me”. Se un mazziniano storico dicesse: “Aiutate i fratelli perché in essi dovete vedere Giuseppe Mazzini”, direbbe una cosa che non commuoverebbe nessuno, perché un uomo povero vivo è molto più importante di Mazzini morto. Ma Gesù? Gesù ripaga con la vita eterna. Lo dice anche san Marco, scrivendo nel suo Vangelo in maniera un po’ umoristica: “Chi avrà lasciato il padre e la madre, i campi e la casa per me, avrà il centuplo quaggiù. Con le persecuzioni e la vita eterna”. Come dire: prima un po’ di botte, va bene. Ma poi la vita eterna. Gesù è Dio.
Perché il fatto è che Gesù sarà pure stato un grande uomo, un uomo eccezionale. Ma soprattutto è Dio. E’ veramente Dio. E’ il Figlio di Dio. Non come lo siamo tutti noi, come lo sono tutte le creature, come la farfalla della vispa Teresa (anche lei è “figlia di Dio”): lui è il Figlio proprio, l’Unigenito.
Una parabola inverosimile.
Negli ultimi giorni di vita Gesù racconta una parabola, una delle più inverosimili nella sua struttura letteraria (a Gesù non interessa raccontare una novella verista, ma trasmettere un mezz’aggio); è la parabola dei vignaioli infedeli e omicidi, che occupano il terreno del padrone senza dargli niente in cambio. Allora il padrone manda alcuni servi a riscuotere. I vignaioli li picchiano. Il padrone ne manda altri: ma i contadini li uccidono. E fin qui, secondo me, è un racconto un po’ esagerato: come facevano a pensare di uccidere così la gente e cavarsela senza problemi? Ma a questo punto la parabola diventa addirittura una cosa da matti. Il padrone dice: “Ah, ho un figlio unico, manderò lui perché avranno timore di mio figlio” Ma che è quel padre che sapendo di avere in casa dei briganti arrischia il suo unico figlio? E infatti i vignaioli decidono di uccidere anche lui, in modo da ereditare il patrimonio del padrone (chissà in quale codice sta scritto che l’eredità passa agli assassini dell’unico erede!). Insomma, la parabola è tutta sballata. Eppure si è verificata alla lettera: infatti Gesù verrà ucciso fuori dalla vigna, fuori dalle mura di Gerusalemme. Ed è stato il Padre a mandarlo.
Dinnanzi a lui non resta che inginocchiarsi.
Mettete insieme tutte queste cose. Ne esce il ritratto di un uomo eccezionale, che dice di essere Dio. Una provocazione! Ma noi dobbiamo raccogliere questa provocazione. Perché se uno si presenta in questo modo, se dice di essere Dio, c’è poco da fare: o questo qui è un matto, e allora non lo si può stimare, oppure è vero quello che dice. E allora bisogna inginocchiarsi. Non basta mica dire: è un grande uomo.
L’annuncio degli apostoli e il nostro annuncio: Gesù è risorto! Gesù è vivo!
E infatti, che cosa sono andati a dire gli apostoli di lui? Il nucleo del messaggio cristiano qual è? Una parola sola: è risorto. Si è risvegliato dalla morte. Gli apostoli sono andati in giro a dire che Gesù è risorto ed è ancora vivo. Oh, vivo oggi. Quando facevo scuola a Milano, all’Istituto di pastorale, ho fatto una lezione sulla resurrezione di Cristo. Finita la lezione, una signora si avvicina e fa: “Ma lei vuole proprio dire che Gesù è vivo…?”. “Si signore: che il suo cuore batte proprio come il suo e il mio”. “Ma allora bisogna proprio che vada a casa a dirlo a mio marito”. “Brava, signora, provi ad andare a dirlo a suo marito”. Il giorno dopo la signora torna da me e mi dice: “Sa, l’ho detto a mio marito”. “E lui?”. “Mi ha risposto: ma va?, avrai capito male”. Notate che quella era una catechista. Eppure era sconcertata. Io le faccio avere la registrazione della lezione. Lei la fa sentire a suo marito.
Se è così, cambia tutto.
E lui alla fine crolla: “Ma se è così, cambia tutto”. Pensateci, e ditemi se non è vero: se quell’uomo, bello, buono, eccezionale, è davvero Dio, e se è ancora tra noi, allora cambia davvero tutto.