La spiritualità del catechista dell’Iniziazione Cristiana.
23. Il catechista è continuamente chiamato a mettersi in discussione dentro unaspecifica spiritualità che lo sollecita a superare la rigidità e la fissità dei percorsi diannuncio del vangelo; a uscire da consuetudini stereotipate; a gestire eventualisituazioni conflittuali e svantaggiose, per discernere il meglio qui e ora. In questosenso, è importante che:° intraprenda un cammino di discernimento personale come esperienza forte difede per la liberazione, la salvezza e l’umanizzazione;° accetti di essere messo in discussione dagli altri e da Dio attraverso gli altriper esplorare sempre in modo nuovo la ricchezza del patrimonio cristiano;° si senta parte dell’intera comunità e quindi si lasci provocare dalle esigenzedella comunità per metterla in grado di esercitare il suo ruolo di educatricedella fede;° superi gli interessi personali con la purificazione del cuore e maturi un climadi preghiera per accompagnare il suo agire e per saper educare e guidare allapreghiera.
24. Nella crescita spirituale del catechista è fondamentale tenere costantementepresente la cura della persona del catechista e l’abilitazione al suo ministero. Soggettodella formazione è quindi l’adulto in quanto sollecitato nel suo ruolo di catechista.Andando incontro alle esigenze del suo ruolo, lo si aiuta a fare chiarezza sul propriomondo interiore e sul proprio cammino di fede.Nel contesto della formazione, si possono prevedere incontri ed esperienze suquesti aspetti:° esperienze di discernimento personale e comunitario, tese a rendere visibileche il cristianesimo e la Chiesa sono accessibili a tutti nelle normali condizionidi vita;° confronto della propria esperienza educativa con la Parola di Dio, solo chi èdiscepolo della Parola sa fare spazio nel proprio servizio al coraggio dellaricerca e al valore della verità;° tempi di accompagnamento verificati in gruppo, per far spazio a chi si sente inqualche modo esterno e suscitare una domanda che interpelli;° momenti particolari di preghiera e di riscoperta della propria identità cristiana,che conduca ad una sintesi tra fede detta, celebrata e testimoniata.
Le competenze e le abilità del catechista dell’Iniziazione cristiana
25. L‘iniziazione cristiana pensata come opera della comunità supponel’accompagnamento del catechista. Oltre alla sua funzione all’interno del percorso, ilcatechista è molto spesso il testimone del cammino dei ragazzi. È lui che li incita allavoro di approfondimento e offre indicazioni formative perché i progressi e ledifficoltà possano essere identificate, dalla stesse persone in cammino.L’iniziazione insiste più sulla proposta che sulle conclusioni. Tra lecompetenze e abilità che deve acquistare il catechista, vanno sottolineate quelle chepiù direttamente sono legate al processo dell’ Iniziazione Cristiana: la competenzarelazionale; la capacità di annuncio e di narrazione; la capacità di educare a leggere isegni di Dio, la capacità di introdurre nella vita della comunità.Da qui emerge un’attenzione grande: non è più possibile pensare a uncatechista ripetitore, ma occorre riferirsi ad una persona con più competenze, e forseè meglio dire a più catechisti con diverse competenze per rispondere alle tante sfidedell’oggi.
La competenza relazionale
26. Prima di essere qualcuno/a che comunica contenuti di fede, il catechista dell’ICdeve essere una persona capace di creare relazioni positive e profonde30. Deve essereconvinto che, nel lavoro di iniziazione, le relazioni sono decisive anche perl’accoglienza dei contenuti trasmessi.Il compito dell’evangelizzazione consiste nel contare sui dinamismi culturaliattuali e nel mettersi a servizio dei contenuti della fede.La proposta catechistica va vissuta come spazio dell’incontro, è per questo cheil catechista:° mantiene con i ragazzi e le famiglie un rapporto che, pur asimmetrico (egli èsempre un adulto educatore), sa generare reciprocità educativa dovuta al suoessere adulto non solo per età ma per maturità;° crea rapporti liberi e non di dipendenza con i propri destinatari e la catechesisi situa vicina alla vita dei fanciulli/ragazzi, offrendo loro la possibilità dicamminare nella fede, di imparare a viverla, a condividerla e a celebrarla con lagrande comunità dei credenti;° vive i rapporti in modo sempre nuovo e non chiude mai la possibilità di altreesperienze, evitando sentimenti di estraneità e alienazione;° fa spazio alle molteplici risorse di tutti i membri della comunità, specialmentenel dialogo con i genitori e gli adulti significativi per i fanciulli/ragazzi;° sa lavorare in équipe, senza predominare e coinvolge gli adulti nella pastoralecatechistica dei fanciulli e dei ragazzi.L’esigenza relazionale nasce prima di tutto da motivi pedagogici: la necessità di unarelazione che richiede diversificazione e rapporti personali. Chi educa nel campodella fede non può dimenticare che la sintonia di un gruppo di adulti è la primatestimonianza di Chiesa per la promozione della fede.
27. Nell’ambito formativo si possono prevedere incontri e riflessioni che siconcentrino attorno a questi nuclei:° l’ascolto di sé per vivere relazioni di libertà che aiutano ad assumere uno stiledi comunicazione capace di riflettere autenticamente la propria personalità;° la relazione educativa, per saper collegare, comunicare e verificare insieme,sviluppando l’interazione tra teorico e pratico, tra il maschile e il femminile;° la relazione tra educatori dentro una progettualità comune che si fa capace diraccogliere i bisogni, coinvolgere i fanciulli/ragazzi, operare una progettazioneadeguata;° la capacità di gestire e vivere relazioni con adulti in un rapporto nuovo, doveognuno dà e ognuno riceve, senza che nessuno faccia i passi al posto dell’altro,sostituendosi alla sua libertà;° il passaggio continuo e progressivo da una pedagogia centratasull’insegnamento, a una pedagogia imperniata sul soggetto che apprende.
La capacità di annuncio e di narrazione
28. La prima e fondamentale competenza del catechista è la capacità di annuncio31.Il catechista è chiamato a far percepire che la narrazione dei mirabilia Dei è unambito vitale che dà unità e coerenza di senso all’esperienza e favorisce l’identità delsoggetto, il quale ascoltando e comunicando, ritrova se stesso e dialoga con Dio e congli altri nel mondo. Il racconto tesse la trama delle esperienze e ne fa prenderecoscienza, così che l’esperienza esiste veramente quando si racconta.I catechisti all’altezza del loro ministero sanno raccontare le meraviglie di Dioche si inseriscono nella storia dell’umanità e in quella personale, intrecciano la storiadi Gesù, con la vita della Chiesa, la loro storia con la storia di coloro cui la narrazioneè offerta.Raccontare è fare l’esperienza di essere convocati all’espressione di una partedella propria esistenza con la mediazione del racconto. In tal senso il catechista nonracconta più una semplice storia, ma piuttosto l’intima storia della propria vita.
29. Ogni racconto significativo deve partire dall’interiorità, una interiorità che pernon essere superficiale ha bisogno di preparazione, in modo da:
° fare proprio il messaggio, approfondirlo, rifletterlo e rianimarlo dall’interno;
° scoprire cosa dice a me, su quali realtà mi orienta ed appassiona;
° domandarsi che cosa dire e come dire e qual è il centro di quello che si vuole comunicare
° coinvolgere in modo esplicito gli interlocutori nell’esperienza narrata;
° abbandonare i linguaggi astratti e utilizzare quelli più simbolici ed evocativi;
° sentirsi in sintonia con le inquietudini e le sofferenze dell’uomo di oggi per arrivare al suo cuore.
30. Il catechista impara a leggere e ad annunciare la Parola con la vita, e per questosi possono prevedere incontri formativi con questi contenuti e approfondimenti:– i nuclei essenziali della storia della salvezza, illuminati dall’azione di Gesù che neldono della vita rivela il vero progetto del Padre;– la centralità del mistero pasquale come via tracciata da Gesù di Nazareth checonduce le persone alla vita piena ed eterna;– esperienze di “narrazione” a partire dall’impatto che il brano biblico ha avuto nellapropria vita, per rendere accessibile a tutti ciò che è stato offerto “a testimoni dalui prescelti”;– esperienze di lettura di brani biblici per abilitare a cogliere il centro del messaggioe a comunicarlo;– esercizi per imparare a narrare, attivando un coinvolgimento esistenziale, esollecitando una reazione personale nel catechizzando;° la modulazione dei diversi linguaggi comunicativi capaci di esprimere realmente lafedeltà a Dio e all’uomo, che va oltre lo scontato e sviluppa un’azione interattiva.
La capacità di educare a leggere i segni di Dio
31. Nel rispetto del cammino educativo e per favorire una iniziazione armonica, ilcatechista educa a leggere i segni. Tutto il percorso umano ha un senso ben definito,quello di far sì che l’uomo sia attento a cogliere ciò che Dio, il Padre, sta operandonella sua esistenza per entrare in comunione con lui.Il catechista ha il compito di dischiudere le esperienze di fede così da renderlesignificative e comprensibili nelle concrete situazioni umane, in modo che possanointerpellare il ragazzo con la propria famiglia e sollecitarli a prendere una decisione.Il catechista perciò aiuta a scoprire negli avvenimenti della vita, nei segni liturgici enel creato, la presenza di Dio e a celebrarlo.L’azione del catechista dell’iniziazione cristiana si può legare attorno a treambiti: attenzione all’essenziale, proposta di una grammatica delle fede cristiana ecorrelazione della fede con la vita. Una lettura attenta della realtà e dei segni chiedeal catechista di:
° cogliere la dimensione di novità dei soggetti per aprirsi all’avvenimento del nuovoche ogni vita riserva;
° amare il mondo e guardarlo come lo guarda Dio;
° stare nel creato come a casa propria, facendo attenzione alle piccole cose,rispettando l’ambiente;
° accettare il limite e l’imprevedibile;
° attuare per sé e per coloro per i quali è educatore un’intensa capacità dicontemplazione;
° conoscere il linguaggio del simbolo, della metafora, dei segni creaturali e liturgici per aiutare a interpretarli.
32. Alcuni nuclei di approfondimento, in chiave di formazione, potrebbero essereper questo ambito i seguenti:– il riferimento alla Parola come dimensione che aiuta a superare la soggettivitàdelle interpretazioni dei segni della vita e del mondo;– i segni del creato che rinviano alla presenza di Dio, e mettono il catechista nellacondizione di vivere questa realtà terrena e celeste, concreta e “spirituale” contutta la realtà e ogni forma di vita;– l’educazione alla contemplazione, allo stupore per vedere in pienezza la realtàgrazie ad uno sguardo profondo che rivela le cose dalle radici;– i segni liturgici e i segni sacramentali dell’ Iniziazione Cristiana: il linguaggio delsimbolo, del rito, della celebrazione vengono rivisitati per cogliere la forzaevocatrice e di cambiamento che posseggono.
La capacità di introdurre nella vita della comunità
33. In tante proposte catechistiche si parla di “comunità cristiana” senza specificarecome e dove questa si realizzi32. Pur nella convinzione che le forme di realizzazionedi essa possono essere molteplici, stante la nostra tradizione, si ritiene che la figura dicomunità da privilegiare sia la parrocchia. In essa infatti si integrano le diverseesperienze umane e l’adesione a essa non richiede altro se non la fede comune, quellaaccessibile a tutti33.Non si vuole negare che la parrocchia possa articolarsi in comunità più piccoleo lasciare spazio ad aggregazioni ecclesiali. La condizione fondamentale è però chetale articolazione non comporti la perdita di un cammino condiviso per lacelebrazione dei sacramenti e per la maturazione della fede.Tutto questo vuol dire che il catechista dell’iniziazione cristiana mette in contoche:– la riscoperta della presenza e del ruolo della comunità cristiana, e in essa della famiglia non esime da una effettiva attenzione agli altri luoghi e contesti in cui iragazzi si trovano a vivere l’esperienza educativa;– il cammino di iniziazione chiede un tipo di preparazione specifica nei laici e nellostesso clero a svolgere un compito capillare e prolungato di accostamento allefamiglie, pur nella diversità delle situazioni;– il compito e il ministero complessivo della comunità cristiana attraverso i suoi membri non è solo “celebrativo”, ma “formativo”;
34. Per iniziare correttamente alla vita comunitaria è importante promuovere alcuneattitudini che dispongono i catechisti ad incontrare correttamente i ragazzi.
° l’evangelizzazione richiede di vivere l’accoglienza dei ragazzi e delle loro famiglie valorizzando l’ospitalità;
° l’esperienza della comunità cristiana fa’ riconoscere la presenza del Risortoi n modi sorprendenti.
° l’iniziazione, mentre trasmette tradizioni e saperi, accoglie e avvia ad unmodo nuovo di vivere il Vangelo oggi.
35. Pensare alla figura del catechista dell’iniziazione cristiana vuol dire tenereconto della specificità dell’educazione all’atto di fede. Ma significa anche prendereatto del servizio prezioso che tante persone svolgono perché la parola di Gesù possacontinuare ad essere per i fanciulli fonte di vita e di gioia.Insieme ai progetti e percorsi formativi, modulati sulle varie situazioni, èimportante comunicare il senso della gratitudine e l’incoraggiamento per tutti queicatechisti che, insieme alla profonda e ampia rivisitazione dell’evento cristiano,sanno unire un’attenzione particolare al modo di pensare e all’esperienza di vita deldestinatario.Il catechista dell’iniziazione cristiana non è solo persona competente epreparata, ma un operatore aperto all’azione dello Spirito che opera negli eventi delmondo, nel cuore dei nostri contemporanei; lo Spirito sempre ci sorprende nelcompito affidato di far maturare la fede e fare incontrare la persona di Gesù.
5. CRITERI E ORIENTAMENTI PER LA FORMAZIONE
36. Prima di offrire indicazioni sul modo e i metodi della formazione, è urgenteribadire la necessità, nelle nostre comunità ecclesiali, di dare più posto e piùimportanza alla formazione dei catechisti, troppo spesso trascurata o sottovalutata.Deve crescere la convinzione che «investire» nella formazione è un’impresa di sicurorendimento.«Qualsiasi attività pastorale, che non faccia assegnamento per la suarealizzazione su persone veramente formate e preparate, mette a rischio lasua qualità. Gli strumenti di lavoro non possono essere veramente efficacise non saranno utilizzati da catechisti ben formati. Pertanto, l’adeguataformazione dei catechisti non può essere trascurata in favoredell’aggiornamento dei testi e di una migliore organizzazione dellacatechesi»34.
37. I metodi possibili al servizio della formazione sono molti. Si vuole ora indicareun modo concreto di gestire la formazione dei catechisti dell’IC, ma anche ciò cheessi stessi sapranno attuare con i destinatari. Si tratta del modello «laboratorio».Il termine è entrato prepotentemente in questi ultimi anni nel linguaggioformativo. La caratteristica principale del laboratorio è quella di produrre facendo,sperimentando, e di assumere l’esistenza e il vissuto dei partecipanti come luogo diricerca, di analisi e d’intervento. Questo metodo non è l’unico possibile, ma siraccomanda per la sua provata efficacia e qualità formativa, suggeriamo treindicazioni operative: l’analisi della domanda, lo stile del laboratorio e il lavoroformativo in équipe.
L’analisi della domanda
38. Nell’impostazione del progetto formativo è importante anzitutto tener presentile ragioni o motivazioni che stanno alla base della formazione stessa. Le persone si“formano” generalmente per poter svolgere un ruolo, un compito, una missione per laquale sentono di doversi rinnovare e adeguare.La diagnosi della domanda iniziale è il processo che origina e giustifica tuttal’azione formativa. In questo modo si rendono consapevoli a vari livelli i soggetti chechiedono la formazione, e si assicurano le condizioni favorevoli per l’interventoformativo, sia per i catechisti che per i destinatari dell’ Iniziazione Cristiana.Concretamente:
• I partecipanti catechisti, inizialmente, devono prendere in considerazione ladomanda loro rivolta dalla comunità, dalle famiglie e dai ragazzi; anche se precariae parziale, è importante tenerne conto, perché è il mezzo con il quale la comunitànei suoi vari membri esprime il proprio bisogno.
• In ogni corretto processo formativo è giusto rendere i destinatari soggetti attivi delloro cammino di formazione. L’intento formativo non riesce se non è statosollecitato il consenso e una chiara motivazione dei partecipanti.
• Nel momento in cui le varie parti riconoscono il ruolo e lo spazio che hanno nelprocesso formativo, sarà possibile presentare un’ipotesi di itinerario operativo dovepossano trovare risposta i vari problemi e bisogni formativi.
Lo stile del laboratorio
39. In sede di formazione diventa qualificante l’apprendimento realizzato secondola formula del laboratorio: non si tratta solo di modalità formativa, ma ha in séelementi importanti per realizzare cammini adeguati al cambiamento delle persone. Inproposito vanno richiamate alcune acquisizioni:° il laboratorio è una “bottega-scuola” dove si impara facendo; invece della tradizionale “aula” (per l’insegnamento) si ha l’esperienza “cantiere” (per lasperimentazione attiva);
° fa parte del modello laboratorio curare la creazione di un gruppo di attuazionecapace di valorizzare le motivazioni e l’orientamento in vista di un servizio che sivuole qualificato;
° è proprio del laboratorio la ricerca e l’approccio alle esperienze più significative perriformulare proposte realizzabili;
° rientra anche nella strategia del laboratorio il lavoro di accompagnamento da partedell’équipe degli operatori durante il percorso per far interagire da subito teoria eprassi.
40. Il laboratorio va quindi concepito come luogo d’incontro tra sapere e saper faree tra ideazione e progettualità. Non si tratta di diventare sapienti circa un determinatoargomento o settore, ma di imparare ad operare attraverso l’acquisizione di capacitàattinte a diverse discipline.Il laboratorio propone più corsie investigative, cosicché il soggetto impari apadroneggiare più punti di vista nel processo di trasformazione dei vari saperi.
41. Nel laboratorio operano formatori capaci di mettere in cammino una propostacostruita attorno a tre realtà:
• La dimensione teologica. Il laboratorio sottende una particolare idea di Chiesadove tutti sono coinvolti nella missione evangelizzatrice. Ci si forma da cristianiquando si riproducono in campo formativo le condizioni per un’autenticaesperienza ecclesiale, permettendo di vivere e sviluppare relazionievangelicamente ispirate.
• La dimensione pedagogica. Il laboratorio risponde a un concetto di formazionecome trasformazione, che si discosta da un tipo di formazione come sempliceinformazione (sapere) o addestramento (saper fare). È una formazione non peraccumulo di saperi, ma per una sempre più grande consapevolezza delle situazionieducative.
• La dimensione comunicativo-didattica. Il laboratorio prevede un processo in trefasi: una di espressione del vissuto dei partecipanti; una seconda diapprofondimento tramite l’accesso alle fonti della fede; e una di riappropriazioneo di riespressione da parte dei partecipanti.
Il lavoro formativo in équipe
42. Nel campo formativo diventa fondamentale la scelta del lavoro in équipe,perché non è più possibile avere un’unica figura formativa. È importante individuare competenze specifiche perché gli itinerari e le situazioni dei soggetti sono moltodiversificate.
• Nella fase di analisi dei bisogni sono richieste persone capaci di utilizzare glistrumenti di ricerca con una buona capacità di ascolto dei bisogni dei soggetti edella situazione in cui si vive e si opera.
• Nella fase di progettazione ci vogliono formatori capaci di dominare lemetodologie e gli strumenti per coinvolgere e far progredire i partecipanti.
• Nella fase di attuazione l’abilità professionale richiesta è quella dell’animazione,unita ad una notevole capacità di flessibilità e adattamento per guidare ipartecipanti anche di fronte a eventuali imprevisti.
43. Tutte queste figure sono chiamate a condividere lo stesso concetto diformazione, gli stessi obiettivi e finalità del progetto formativo. Per questo ènecessaria una formazione specifica attraverso sessioni di collaborazione econdivisione del progetto, della propria visione del mondo e delle persone, prima dipartire insieme per un’avventura formativa che coinvolge altre persone.Ci vogliono persone che sappiano creare clima, ma anche esperti che dianosicurezza, figure che facilitino le dinamiche del gruppo di apprendimento e personecapaci di ricordare gli obiettivi formativi prefissati.Nella proposta formativa è bene che siano contemporaneamente presentialmeno due figure. Non si annuncia da soli, si propone una fede condivisa che siesprime con modalità e tonalità diverse, secondo la condizione di ogni persona. Ilfemminile e il maschile, il creativo e il sistematico, il riflessivo e l’attivo sonoelementi complementari di un annuncio che è totalizzante e coinvolge la personanella sua globalità.