NON AVER PAURA DI ANNUNCIARE CRISTO

NON AVER PAURA DI ANNUNCIARE CRISTOdi GHERARDO LEONE(in LA CASA sollievo della sofferenza n. 7 aprile 2007)  

Insomma, noi cristiani, noi cattolici, dovremmo sempre placidamente stare zitti, sempre. E non farci vedere, non apparire. Rimanere nascosti, acquattati nelle nostre case, nelle nostre chiese. Attenti a non dare fastidio a nessuno. E’ già troppo che ci facciano vivere.

            Si cominciò subito dopo la morte di Cristo e la sua resurrezione, a guardarci male, a darci la caccia. Anzi, si cominciò con Cristo vivente, subito dopo la cattura nell’orto del Getsemani. Quando Pietro voleva essere presente nel cortile del Sinedrio, per seguire la sorte di Gesù, essergli in qualche modo accanto. Ma passando inosservato, accanto al fuoco. Avvolto nel suo mantello, il cappuccio, c’è da pensarlo, abbassato. Ma ecco una pettegola servente, di quelle che nei casamenti d’ogni tempo sanno tutto, vedono tutto, non sfugge loro niente, fissarlo e dire: “Ma tu, non sei uno che seguiva il Nazzareno?”. “Io? Neppure per sogno”, lì per lì gli venne da rispondere. Ma ecco dopo un po’ un’altra pettegola: “Ma tu, non eri?…”. E Pietro negò di nuovo.

 

            Il Nazzareno era ormai istituzionalmente alla gogna. Sconfessato. Da quelli che contavano. E il gioco delle opinioni incomincia a girare: fedeli, amici, avversari, indifferenti. E del resto, già quando era ben vivo, e attivo nella predicazione, avevano cercato di spingerlo giù in un burrone a Nazareth, alle prime parole non gradite. E nel paese dei Gadareni, dopo averlo visto scacciare una turba di demoni da due indemoniati, lo supplicarono vivamente “di andar via dal loro territorio”.

            Scomodo. Anche quando compie prodigi: che turbano, sconvolgono. I profeti vanno uccisi. Gli annunciatori controcorrente soppressi. O per lo meno ironizzati: “Non è costui il figlio del falegname?”. Come mai si mette a parlare di Sacra Scrittura? Non stava a piallare assi di legno nella bottega del padre? Chi è, da dove viene, che vuole? Siamo nella nostra Terra, che era stata promessa, dopo tanto tribolare dei nostri padri. Abbiamo il tempio, le sinagoghe, i rabbini. Che vuole costui? Parla di un regno. Vuole insorgere contro i romani? In fondo non ci danno fastidio. La loro presenza, anzi, aumenta il commercio. Che vuole costui? Sovvertire, sconvolgere?

 L’amore a Gesù è troppo forte per dimenticarlo.

Acquattati, i cristiani, ci rimasero un po’, dopo la resurrezione di Gesù, e il suo farsi vedere ora dall’uno ora dall’altro, mostrando anche le piaghe. “Eccole, toccatele”. Altro che Codice Da Vinci. Altro che fuga clandestina, Maddalena e tutto il resto alla Dan Brown.

L’amore a Gesù era troppo forte per passare sopra alla sua persona, dimenticarlo. E c’era Maria con loro, che mai e poi mai avrebbe lasciato cadere tutto. E Giovanni, affidato a lei, e lei a lui, da Gesù morente. Come dire: Tocca a voi ora. E c’era Pietro, al quale ancora rimordeva il diniego, ripetuto, di conoscerlo, la notte della cattura. E tutti gli altri, fiduciosi in lui: pietra sulla pietra. E c’era l’esplosione dello Spirito Santo su di loro. Clamoroso, strapubblico. Si poteva tacere? Anche se avessero voluto, non potevano più. Perché un fuoco violento li assaliva, riempiva. L’eruzione del pensiero, delle parole. In un ardore, un coraggio, mai forse provato anche quando erano uomini qualunque della Galilea, della Giudea, nei loro affari, nella loro attività. Parlavano e la gente si stupiva. L’establishment rimaneva interdetto. Poco dopo. Le prime avvisaglie. L’arresto, il fermo diremmo oggi, di Pietro e degli altri, ai primi prodigi e predicazioni. Ma intervenne Gamaliele, stimato Fariseo, dottore della legge, a calmare il Sinedrio, e furono liberi.

Ma non stettero più zitti.

Nel corso dei secoli, dovunque, in tutti i continenti. Niente li ha fermati. Le persecuzioni, di imperatori, monarchi, capitribù, oligarchi, con gli imprigionamenti, le torture, le condanne a morte. Gli ammazzamenti a freddo, da sgherri, killer. Le ostilità. Sacerdoti, neofiti, suore, vergini, eremiti, santi, papi. Nessuno è stato esente.

Giovanni Paolo II, designato alla morte per assassinio perché parlava, non stava zitto.

Ma prima di lui, PioXII, sottoposto a insulti, accuse, offese, alla fine degli anni Quaranta, dai giornali satirici. Dall’anticlericale “Don Basilio”. E allora insorse, compatta, tutta la consorteria cattolica delle associazioni. Rispondemmo per le rime, senza timidezze, con manifesti, cortei, discorsi pubblici, marce. In prima fila gli universitari. Sconcertando chi mai avrebbe ritenuto i cattolici capaci di reazioni così pubbliche. Quell’ostilità per Pio XII riemerge, a intervalli, anche oggi. Per la Shoah. C’è ancora chi lo accusa di non averla deplorata abbastanza. Nonostante le documentazioni favorevoli anche da parte di esponenti ebraici.

 Per quanto si voglia guardare a questi fatti con serenità, non sono segnali irrisori.

            Per Paolo VI, la cnea si levò contro di lui, nel 1968, all’uscita della sua Enciclica “Humanae vitae”. Con il silenzio, purtroppo, quella volta, di non so quanti intellettuali cattolici. E sorse Pisolini a difenderlo. Il trasgressivo, il sovvertitore. Ma di per sé tormentatissimo. Proprio per ciò che oggi viene proclamato come un “orgoglio”, rivendicandone la legalizzazione. Che i cattolici non possono appoggiare, per i loro irrinunciabili principi. E perciò parlano, parliamo.

            Ed ecco le scritte, le minacce. Contro il Papa, contro Bagnasco. Con firma anche della stella a cinque punte. Ma che cosa c’entra con lui? E che c’entra il refain di sapore resistenziale ? Il vento del Nord. Con le sue uccisioni illegali, anche di preti, e non preti, semplicemente perché cristiani.

 

            Per quanto si voglia guardare a questi fatti con serenità di valutazione, non sono segnali irrisori. E’ un rigurgito, in veste nuova, di tutte le avversioni codificate, storiche, al Cristianesimo, al papato. Nei secoli più recenti: dalla rivoluzione francese, con preti, suore, semplici cristiani, a decine alla ghigliottina; dalla rivoluzione russa d’ottobre, con la soppressione della religione, delle chioese.

Fronde inquiete, normalmente sopite o malsopite, nella convivenza di opinioni e di cosiddetti stili di vita. Che riemergono visibilmente proprio per quella voluta, sostenuta, istituzionalizzata libertà di idee e comportamenti. In verità, anche pretesa fuori luogo, strappata con compromessi, quando non imposta con manovre politiche.

 La verità è che non si vuole Crist, si ha paura di lui.

Ma perché ce l’hanno con noi cristiani, con noi cattolici? Perché abbiamo una visione delle cose della Terra non appiattita, non limitata al contingente, non vista come un assoluto. La verità è che non si vuole Cristo. Si ha paura di lui, lo si teme, perché prospetta un genere di vita che non è quello dell’istinto, del predominio sopraffattore, del lassismo di vita. E’ Cristo che si odia. Per questo, nelle rivoluzioni e nei regimi, si uccidevano, si uccidono, chi porta il suo nome, parla di lui.

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