La gioia del Signore sia la vostra forza

    Il tema della gioia è stato evidenziato da voi, qualcuno domenica in un messaggio su WhatsApp ha riportato la Lettura breve delle Lodi del giorno, 15/3. Di fronte a quanto sia difficile, faticoso, questo momento del cammino di vita, e quanto comunque si cerchi di superarlo cercando di sostenerci in vari modi, anche cantando e suonando dai terrazzi, ho pensato e ripensato alla frase contenuta in quella Lettura citata, lì si parla di gioia, e , in questo frangente storico, cosa significhi per noi cristiani essere nella gioia. Stiamo camminando in una prova, e non c’è da scherzare, prova che diventa una verifica: per vedere se camminiamo secondo la legge di Dio o no (Es 32,4). Camminare secondo le Sue leggi, secondo la regola naturale e secondo la regola soprannaturale. Il cammino è di tutte le creature e tutte debbono verificare se avanzano rispettando le regole che hanno trovate nella “natura”, che non hanno messo loro, verificare se proseguono rispettando quelle regole ricevute in dono, Rivelate, dal Creatore: i Dieci Comandamenti e il comandamento dell’Amore.

    Neemia si rivolgeva all’assemblea di Israele radunata per ascoltare la lettura del libro della Legge che era stato ritrovato, (o dimenticato?), dopo il grande esilio babilonese. In quel giorno la gioia era motivata dall’ascolto di ciò che Dio chiedeva a Israele perché sia suo popolo, ma anche dalla libertà riconquistata, il ritorno alle proprie case, la liberazione dall’esilio vissuta come un tempo la liberazione dall’Egitto, un nuovo Esodo. Si potrebbe pensare che la gioia sia motivata da questi due fatti: ascolto e libertà ma possiamo aggiungere anche un gustoso pasto di festa: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci”. Ma Neemia dice chiaramente che la gioia è del Signore. Allora l’assemblea era nella gioia non per le “cose” del Signore ma per il Signore stesso. Le cose del Signore manifestano nel popolo la sua divina presenza, la sua premurosa assistenza: ma il Signore è la gioia.

     Noi siamo abituati a tanti messaggi, che ci bombardano in continuazione, anche in questi giorni dove dobbiamo stare fermi a casa, se diamo retta a questi messaggi invadenti, insistenti, che comunque con prepotenza entrano nelle nostre case attraverso i mezzi di comunicazione, (chissà non dovrebbero stare buoni a casa loro?), se daremmo retta solo alle fantasie che questi scatenano, la gioia, secondo loro, la potremmo trovare con tanta facilità in un’incredibile quantità di oggetti firmati o meno, viaggi in paradisi artificiosi o artificiali; quasi che con quelle cose si viva o si possa vivere gioiosi, felici. La gioia è messa nelle cose che possiamo avere, godere; peccato che non possiamo uscire per goderne! Grande frustrazione!.

    La vera gioia non si compra al mercato non si ottiene con un grande sforzo: è un dono di Dio.

    Se la gioia è un dono del Signore vuol dire che è lui il “ referente” della nostra felicità, della vera gioia. Come per il dono di grazia è il consegnarci la sua vita di santità, di misericordia, di elevazione, così per il dono della gioia e la sua vita di Amore che, consegnataci nel Battesimo, ci dona la felicità che è Sua. Insomma la gioia è causata dall’amore che è Dio, come dice San Giovanni nella sua prima lettera (1Gv 4,8): “ Dio è amore”. Quet’ Amore: “…è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5).

    Dio-Amore pur essendo Uno non è solitario ma è Trino. Questo è il grande mistero di Dio che noi conosciamo perché Gesù, il Figlio di Dio, ce lo ha rivelato, mistero nel quale siamo immersi, per grazia, dal giorno del Battesimo. Questa relazione tutta di Dio, Uno e Trino, è una comunione di vita felice, gioiosa, paradisiaca. Di questa vita divina è chiamato a viverne l’uomo, e così vivere la gioia che è di Dio. Essendo dunque la gioia la presenza di Dio in noi, con la sua vita, questa gioia sussiste anche nei momenti di prova come gli attuali: non è una gioia relativa ma assoluta se c’è, c’è e basta. Questa vita gioiosa di Dio viene a noi come dono del Padre, attraverso il Figlio incarnato, nello Spirito Santo effuso su di noi, “siamo tempio di Dio, lo Spirito di Dio abita in noi” (1Cor 3,16) Egli ci porta “la luce della Sua verità, e di godere i frutti della Sua gioiosa presenza” (Preghiera della Liturgia).

     E’ questa presenza di Dio- amore che ci dona la gioia, quella vera.

    La gioia di cui parliamo, di cui dobbiamo vivere, cari fratelli e sorelle, è un riverbero, un’eco, del Dio amore in noi. La nostra gioia di cristiani è l’effetto della presenza dell’Amore, ciò che si vede di Lui in noi. Non è quella emotiva e temporanea, ma presenza totalizzante, che riempie tutto il nostro essere. Per cui davvero chi non ama non può essere nella gioia, non potrà mai essere gioioso. La disperazione nasce dall’assenza dell’Amore. Molti cercano la gioia in altro modo ma non la trovano. Dice Sant’Agostino: “ non è certo che tutti vogliono essere felici; poiché chi non vuole avere gioia di Te, che sei la sola felicità, non vuole la felicità” (Confessioni Lib X,23).

    La gioia comunque è richiesta dalla nostra natura, siamo stati creati per la gioia. L’uomo ha questo desiderio innato, una necessità, ma spesso non vuole, non cerca, la gioia del Creatore, forse perché troppo esigente è il suo Amore, per questo si crea gioie alternative ma che non durano, gioie consumistiche che fanno spendere tempo, denaro, la vita. L’uomo è fatto per la gioia, come una botte è fatta per il vino, è felice quando contiene ciò per cui è stato creato. Se si riempie di altro è pieno ma non di ciò di cui dovrebbe esserlo, quella pienezza surrogata, pagliativa, genera insoddisfazione, anche se ammantata di euforia, di felicità del clown del circo.

     L’uomo è realizzato solo con Dio, quando è pieno di lui, non solo è nella gioia ma è veramente uomo.

     Questa gioia rimane presente anche nella sofferenza perché non è la gioia chiassosa, carnascialesca, da night clubs, da sala da ballo o da tifoseria vittoriosa, che ben presto svanisce, è la gioia di una Presenza che non ti abbandona, Lui è lì con te dove tu sei, dove tu stai Lui e li, con te, con ogni uomo che deve: “prendere la sua croce ogni giorno e seguirLo” (Lc 9,23). Sappiamo bene che Gesù non è venuto per toglierci gli impicci del vivere, quelli dobbiamo, chi in un modo, chi in un altro, affrontarli, Gesù è venuto a darci la sua presenza, la presenza di Dio per sostenerci, incoraggiarci, rafforzarci nell’affrontare la vita partecipando lui stesso a tutta la nostra esistenza umana “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).

    E’ questa gioia che sostiene tante persone nella prova di una malattia e noi ci chiediamo “come farà ad essere così serena“. Oppure nella vita di tanti martiri cristiani che affrontavano il patibolo “sereni” sul volto e nelle ultime parole che offrivano agli astanti. Sono forse tutti esaltati, fanatici?

  Eppure hanno la Gioia, anche li dove noi pensiamo che ci sia solo sofferenza, disgrazia. Perché? Perché “lì c’è Dio” c’è la sua presenza, che li conforta, gli sostiene, una presenza gioiosa che è anticipo di quella eterna, dalla quale non vogliono essere allontanati, per cui, come dice San Paolo, tutte le altre offerte di felicità “le considero come spazzatura” (Fil 3,8).

    Ecco carissimi in questi giorni riscopriamo in noi questa Presenza fonte che, pur nella preoccupazione, ci conforta e sostiene, non abbiamo bisogno di altri appoggi, spinte, esterne o costruite artificialmente, l’abbiamo in noi: Dio. Anzi siamo noi che dobbiamo sostenere gli altri dando l’input per un ben vivere, dare l’esempio di come un cristiano affronta le prove, non a partire da tecniche umane, ma a partire da nostro Signore. Non cercando la forza nell’autosuggestionarci, ma tirando fuori, ostendere, quella forza che è di Dio che ci rende coraggiosi, convinti, gioiosi, LA FEDE, anche nel condividere e portare la croce con tutti gli altri uomini.

    Preghiamo sul serio, non solo con annunci o inviti, diamo il nostro tempo al dialogo con Dio. La preghiera, la lettura della Sacra Scrittura, manifestano la sua presenza in noi, è alimentare la gioia. Quando usciamo a far spesa, o per una breve boccata d’aria, facciamo dieci passi in più ed entriamo in Chiesa ad invocare, supplicare, per noi e per il mondo intero, la fine di questa epidemia. La Chiesa è sempre aperta!

   Non dimentichiamoci che la nostra Chiesa parrocchiale è Santuario mariano della B. V. della Consolazione, titolo della Madre che, anche con la sua presenza, ci ridona gioia per vivere, di vivere, la gioia che è Gesù. Consolare significa stare con chi è solo, e se qualcuno sta con me sono felice, se con me c’è la Madre, mamma, sono confortato e sostenuto “sono tranquillo e sereno come bimbo in braccio a sua madre” Sal 131,2).

    Maria continua a fare come fece coi nostri avi, in un altro storico tempo di disperazione, diciamole dunque ancora:
   Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Il vostro Parroco

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