
Cari fratelli e sorelle stiamo per iniziare la Settimana Santa con tanta amarezza e avvilimento a causa della situazione epidemica in cui ci troviamo. Siamo impossibilitati a celebrare questi giorni santi insieme, come comunità cristiana, certo li vivremo col nostro cuore, li vivremo attraverso i mezzi di comunicazione, ma non possiamo viverli insieme come comunità: questa è una prova, nella fede, di non poco conto.
Comunque Carissimi disponiamoci a vivere e celebrare i misteri della nostra redenzione. Sono questi giorni preziosi. Nella Settimana Santa “La Chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme, domenica delle Palme. Il tempo quaresimale continua fino al giovedì Santo. Dalla messa vespertina “nella cena del Signore” inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì Santo “nella passione del Signore” e il sabato santo, ha il suo centro nella Veglia Pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione” (PCFP 27).
La settimana Santa è tale perché il Santo, Gesù Cristo Figlio di Dio, giunge al compimento della sua missione, quella ricevuta dal Padre: “Questo comando ho ricevuto dal Padre mio” (Gv 10,18); riportare a casa la pecorella smarrita (Lc15,4-7), l’uomo incappato nei briganti (Lc10,29ss).
L’umanità, l’uomo (perché l’umanità non esiste senza l’uomo, senza la persona umana), si è allontanata da Dio col peccato, come la pecorella smarrita si è allontanata dal pastore e dal gregge per cercare pascoli e acque migliori e invece ha trovato la morte.
Il Figlio di Dio è venuto a cercare, a trovare, a salvare, l’uomo perduto, l’Adamo peccatore. La Sua vita è un continuo camminare verso l’umanità, è un continuo chiamare l’umanità, è un pressante invito all’umanità perché lo accolga, si faccia salvare, prendere sulle spalle e riportare a casa. Questa Sua vita, missione divina, giunge al compimento nella Settimana Santa. Questi giorni sono come il tempo della vendemmia; quando l’uva è matura viene raccolta e pigiata perché venga fuori, “effuso”, il Succo che ridona la Gioia alla vita, la Vita della gioia. L’uva è Cristo che ormai compiuti i suoi giorni, “giunta la sua ora” (Gv13,1), come grappolo maturo è spremuto nella passione e nella morte, sepolto per “tre giorni” nella botte, perché sgorghi, poi, per l’umanità, la Grazia e la Salvezza nella Risurrezione. Il dono della Sua vita è il dono che Dio ci fa per salvarci e per elevarci. Salva perché perdona, cancella, i peccati e ci riapre il paradiso. Eleva perché da creature diventiamo partecipi della natura divina, figli nel Figlio, da schiavi, re. Ciò avviene attraverso i Sacramenti della Chiesa, perché: “ciò che […] era visibile nel nostro Salvatore è passato nei suoi sacramenti” (CCC1115, San Leone Magno, Sermo 74, 2: CCL 138A, 457 (PL 54, 398)).
In questi giorni santi, fratelli e sorelle, siamo invitati a seguire Gesù nel suo avvicinarsi a Gerusalemme dove “tutto sarà compiuto” (Gv19,30). Siamo invitati a seguire il Santo che per noi si offre; per me, per te, fratello e sorella Egli soffre. Seguiamolo perché dietro a lui c’è quella sicurezza che, in questi giorni di epidemia cerchiamo, in tutti i modi, in tanti i luoghi, ma non la troviamo, perché solo Lui è per noi, e per tutti, l’unico Salvatore, dove è Lui sono i salvati, Lui si è fatto uomo perché noi fossimo sanati.
Santa è dunque questa settimana perché in questi giorni il Medico sana l’umanità, la sana dal peccato, il virus che ha contagiato l’umanità con la morte, e così rovinato, deturpato, la creatura che Dio aveva fatto a sua immagine e somiglianza. Come all’inizio di ogni cosa sette furono i giorni della creazione che culminarono con quella dell’uomo, così anche per la ri-creazione c’è questa settimana santa per ridare al’uomo, rovinato dal peccato, la gioia della Vita ritrovata. Gesù Cristo è colui che ridona all’umanità, con la sua passione, morte e risurrezione, quella identità originaria, quella del’uomo secondo Dio. Santa è questa settimana perché il Santo, da cui prende il nome, “Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente” (Is 6,3; Ap4,8), “colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc1,26), la caratterizza con la Sua azione non più esterna, come Creatore, ma interna, come Redentore e Salvatore di ciò che prima aveva creato e poi ha assunto. È una settimana in cui non si fa teatro o rievocazione storica, ma si incontra e si vive con una Persona, Gesù, qualcosa di importante. Per questo, in questa settimana, siamo chiamati a stare con Lui come gregge col Pastore (Gv10,1ss), come discepoli col Maestro(Mt5,1ss), come pulcini con la chioccia (Mt23,37). Siamo chiamati a stare con Gesù, a stringerci a Lui, come nel Libro dei Re ci viene raccontato, riguardo ad Elia ed Eliseo (2Re2,1ss). Eliseo, discepolo di Elia, segue il maestro perché sa che presto il Signore lo porterà via. Eliseo non lo abbandona nonostante le insistenze di Elia. E questa persistenza porta Eliseo ha “raccogliere” l’eredità di Elia raccogliendo il suo mantello che cade mentre è portato in cielo con un carro di fuoco. Così Eliseo diventa profeta! Anche noi seguiamo il Signore Gesù perché dobbiamo raccogliere il dono della sua vita, solo se saremo con Lui riceveremo da Lui la salvezza, solo se persevereremo fin sotto la croce con Maria, la madre, e Giovanni, il discepolo amato, raccoglieremo anche noi quello Spirito che Gesù emise. Questa è la settimana Santa vissuta con Gesù per raccogliere da lui il Dono della sua vita: “…chi non raccoglie con me, disperde” (Mt12,30). Se rimaniamo lì, l’Amore effuso, sarà la nostra vita, se ci allontaniamo perderemo l’Amore, la Vita.
Questa settimana è Santa perché, come abbiamo detto, è fatta, realizzata, dal’Santo, dal Giusto, dal Figlio di Dio, “per noi uomini e per la nostra salvezza” (Credo). In questi giorni dobbiamo vivere, dobbiamo stare, con Gesù particolarmente in quelli che sono il cuore di questa settimana e di tutto l’anno liturgico: il Triduo Pasquale.
Il Santo di Dio si è umiliato fino ad essere schiavo, servo, obbediente fino alla morte di croce. Si abbassa fino ad entrare nella tomba, ma nella Sua vita ci sono stati tanti abbassamenti il primo è quando si è fatto uomo: “ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil2,7), si abbassa poi a lavare i piedi ai suoi, si abbassa ancora quando istituisce l’Eucaristia sacramento in cui è sempre presente con il Suo corpo, sangue, anima e divinità anche se noi non lo rispettiamo, lo trascuriamo, lo disprezziamo con comunioni fatte male, non in grazia di Dio, o peggio con atti sacrileghi. Si è poi abbassato affidandosi alla persona dei sacerdoti i quali, in suo nome, debbono perdonare i peccati, celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, predicare il Vangelo della salvezza. Sì, si è abbassato perché non sempre questi sono coerenti con il dono ricevuto, la scelta fatta. Settimana santa è vivere con Cristo l’abbassamento del nostro orgoglio ed assumere l’umiltà con la quale si accorda la grazia.
Stare con il Giusto, con colui che non ha commesso peccato, non ha commesso alcun male, perché è il Bene in se stesso è riconoscere la Sua identità, accettarla, accoglierla anche se non ti lascia in pace, come avvenne per alcuni che, proprio per questo fastidio: “Avete condannato il giusto e graziato un assassino” (At3,14). Stare con il Giusto, noi che tante volte rivendichiamo la giustizia, vuol dire imparare cosa è la giustizia, è imparare ad essere giusti come Lui è giusto: “fa sorgere il suo sole sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt5,45). La giustizia non va solo chiesta ma vissuta, anche nella sofferenza, anche nell’ingiustizia. La giustizia va condivisa anche nel rifiuto. La giustizia va offerta anche nella crocifissione. Per questo stare con il Giusto, Dio, è riconoscersi ingiusti è chiedere perdono, è vedere, è imparare come si vive di giustizia, la giustizia di Dio, come il pubblicano al Tempio che diceva: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc18,9ss) è ricevere il Suo perdono: “il giusto mio servo giustificherà molti,egli si addosserà la loro iniquità” (Is 53,11). E’ bello stare con il Giusto, che è giusto in se stesso, diremmo per natura, stare con Lui vuol dire essere resi giusti, giustificati, “i peccati ti sono perdonati” ( Mt 9,2; Mc 2,5; Lc 7,48), è tornare al Bene, allo star bene.
Stare con Gesù Cristo, Figlio di Dio, sapendo che come vero uomo è come me, fino alla morte, ma come vero Dio mi chiama ad essere come lui, oltre la morte, con la Sua risurrezione. “La morte comune eredità di tutti gli uomini” (Prefazio I dei Defunti) ripetiamo, ma allora per cosa si lotta, si studia, si ricerca, cosa vale sfuggire oggi dalla morte se poi domani comunque la debbo affrontare? Che speranza, avvenire, c’è? In questa settimana Santa, in cui Gesù ci offre la sua vita divina che è eterna, stiamo con Lui perché solo con Lui ci sarà Pasqua, passaggio, vero e stabile, dal dolore alla gioia, dalla morte alla vita, quando risorgeremo con Cristo a vita nuova e saremo “sempre con il Signore” (1Ts4,17). Ma già questo stato, stare con il Signore, per noi cristiani, è cominciato, siamo già con Lui, viviamo già la vita nuova, già con Lui siamo risorti, già “possiamo camminare in una vita nuova”( Rm 6,7).
Carissimi, stretti attorno al Signore, sentiamoci famiglia di Dio, comunità, e attendiamo il giorno stupendo quando insieme, attorno al’altare, come un unico grande coro, canteremo l’inno della gioia Pasquale di Cristo risorto a squarciagola: “Alleluja! Alleluja! Alleluja!”. In attesa di quel giorno risuoni nel cuore di tutti il canto sommesso, ma pieno di desiderio, dei pellegrini di Sion: “Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore». E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!” (Sal 122).
Il vostro Parroco.