
La necessità di mangiare fa parte dell’esistenza dell’uomo, per questo ha inventato la dispensa cosi che, quando uno ha fame, va lì dove sa di trovare il cibo per soddisfare la sua esigenza, o la sua ghiottoneria! La dispensa è importante per ogni casa proprio per la necessità delle persone.
Anche la famiglia dei figli di Dio ha una casa, la Chiesa, e una dispensa, il Tabernacolo, lì trovano quel cibo che soddisfa la loro fame; la fame della Vita di Dio che gli è stata data in dono nel Battesimo.
La vita dei cristiani, concretamente, è la vita di tutti gli uomini ma, di per sè, non più come quella tutti gli uomini, perché la loro è, ormai, la vita di Cristo, Cristo è la loro vita, per questo sono chiamati cristiani.
Essere cristiani non riguarda un ideale, uno stile, una moda, che potrebbero anche cambiare, la loro è un esistenza innestata nella vita di Cristo come dice s. Paolo: “non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” . Possiamo parlare anche di imitazione, di esempio, di modello, ma il cristiano ha fatto qualcosa di più: ha impegnato la sua vita con Gesù, gli ha dato le chiavi di “casa”, della sua esistenza, per cui tutto quello che fa lo fa per, con e in Cristo. La differenza, la qualità della vita, non sta nella loro bravura, nelle loro capacità umane, ma in Cristo; essi sanno di non valere nulla, conoscono le loro miserie, i loro limiti, il loro peccato, per questo non cercano visibilità come i vip cinematografici, ma solo di rendere visibile Cristo, far vedere Cristo. Questo li impegna, non solo a portare la croce, ma a starci sotto, sperimentando la propria incapacità, impotenza; e non basta, anche a doverci salire sulla croce e dare la Vita, la propria vita. Quale vita? Quella umana, e quella di Cristo, ricevuta nel Battesimo: “Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20): dare, cioè, se stessi come cristiani.
La vita di Cristo è vera Vita d’amore, con la bellezza e la gioia dell’amore, ma anche con la tristezza e la sofferenza dell’amore. Questo i cristiani lo sanno, o almeno lo dovrebbero sapere, perché non illusi da un irenismo estatico, fantascientifico, ma, a partire dall’esperienza della vita concreta, impegnata, giocano la loro esistenza fino in fondo, da servi fedeli e saggi che servono il loro Signore, non solo quando va tutto bene, quando si canta l’Osanna, ma anche quando si ode il grido “crocifiggilo”, vivono il comandamento dell’amore “ama Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze e il prossimo tuo come te stesso”.
Proprio per questo la vita del cristiano è una vita impegnata e impegnativa, ed egli ha bisogno di “sostenerla”, per questo lo stesso Cristo ha provveduto per “i suoi” questo sostentamento per il cammino da compiere. La notte in cui veniva tradito istituì l’Eucaristia, il Sacramento del suo corpo e del suo sangue, cioè della sua persona, della sua vita data per la nostra salvezza. Sacramento fatto per essere mangiato e bevuto, due modalità che riguardano il mantenimento in esistenza ed efficacia della persona. Quale vita è da alimentare con l’Eucarestia? La vita di Cristo in noi. Come per il corpo si mangiano e si bevono quegli alimenti necessari, che troviamo nelle dispense delle nostre case, così occorre mangiare e bere, per vivere da cristiani, la vita di Cristo, offertaci nel Sacramento dell’Eucarestia.
Io sono il pane della vita, dice Gesù. Perché non lo confondiamo, e non ci confondiamo, spiega che il pane che lui ci dà non è come quello che gli uomini mangiano, per poi, a suo tempo, morire, il pane che lui ci dà è la sua carne, la sua vita, che è eterna.
Sì, la vita di Cristo in noi ha bisogno di essere alimentata di Cristo. Il pane disceso dal cielo è Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Egli si è fatto uomo, e poi si è fatto pane. Si è fatto uomo per salvarci, si è fatto pane per alimentarci, sostenerci, e così poter collaborare con lui alla salvezza dell’umanità. Tutti gli uomini debbono essere salvati perché Dio vuole la felicità di ogni uomo, ma “Colui che ci ha creati senza di noi non ci salva senza di noi”, ci dice s. Agostino.
La salvezza consiste nello stare con Dio, il paradiso. Anche qui Dio non vuole un ritorno da schiavi ma da figli, figli nel Figlio, cioè da cristiani. Vivere, per il cristiano, tutta la vita da figlio, compresa la morte, necessita di un sostegno “energetico” equivalente all’impegno, e siccome l’impegno è con il Signore il sostegno è l’Eucarestia.
I cristiani dunque, per essere tali, hanno bisogno del pane di vita, non possono trascurarlo! Non possiamo pensare di essere cristiani senza questo cibo. Non c’è un cibo sostitutivo, alternativo, per noi ogni cosa conduce, chiede, vuole l’Eucaristia, fonte e culmine di ogni nostra attività e suo compimento. No, fratelli e sorelle, non possiamo pensare, come si è sentito affermare da alcuni, che l’Eucarestia è sopravvalutata, qui, in queste parole, o abbiamo perso la fede o la testa! L’Eucarestia non ha nulla con cui possa essere paragonata, è il “top”. L’Eucaristia è la prova del nove di tutte le letture che facciamo della Sacra Scrittura, di tutte le opere di Carità, di tutti i discorsi pastorali, di ogni servizio e ministero, di ogni vocazione. L’Eucaristia prova tutte queste cose che diciamo di fare, di vivere, nel nome di Cristo. Nell’Eucarestia, essendoci presente proprio Lui, non dobbiamo fare altro che tacere, fermarci, accogliere, lasciarci fare da Lui. Ecco perché è la prova del nove perché molte volte si fugge dall’Eucarestia, (perché non posso essere il primo attore) oppure la si manipola pur di continuare a fare il nostro comodo a nome Suo, con le cose Sue (la si usa per trasmettere le mie idee).
Oggigiorno siamo abituati a sceglierci il pane, di farina, di segale, di riso, di soia ecc. qui no non scegliamo il pane, siamo invitati ad accettarlo, a riceverlo, a mangiarlo, e questo lo facciamo aprendo si la bocca ma senza discorsi, dicendo solo Amen!, se riconosciamo chi e cosa riceviamo.
Questo è il pane della Vita, “questo è il Mio corpo” dice Gesù, non dice questo significa, oppure questo simbolizza, ma questo è il mio corpo, è Lui! Questa è la nostra fede!
Mangiare il suo corpo e bere il suo sangue è ricevere la sua Persona. Impedirci di vivere Cristo, è voler tentare di spersonalizzarci come cristiani, toglierci Lui. Questo avviene, tra l’altro, attraverso l’uso dei mezzi di comunicazione, così detti social, che richiamano la socialità, ma solo nel nome che gli è stato affibbiato. Attraverso questi mezzi, i gestori, dovremmo dire i padroni, si servono per togliere e non mettere, per spersonalizzarci. Cristo invece ci personalizza di Sè inserendoci così nella relazione di Dio Trinità, come Lui è in relazione con le persone del Padre e dello Spirito Santo. Così si è veramente uomini perchè personalizzati e socializzati nella verità e nella carità di Dio: questo è, in fin dei conti, il paradiso, sperimentabile un pò già su questa terra. Per questo Cristo si vuole, si tenta, di silenziarlo, silenziando la Sua Chiesa “per sempre”, come qualcuno di questi magnati, proprietari dei social, ha detto.
Cristo personalizza di Sè l’uomo; chi accoglie Cristo accoglie la vita, l’amore, sanante, liberante. Altri, i “mercenari, i ladri”, hanno obbiettivi diversi che non sono per il bene dell’uomo ma a vantaggio del loro egoismo. Essi hanno bisogno di sotterfugi, miraggi di benessere e felicità, manifestandosi anche filantropi, amanti dell’uomo, ma tutto per indurre l’uomo a seguirli, abbandonando Cristo e la sua Chiesa, su un cammino che, invece di dare felicità conduce a un “macello” che distrugge la persona, le sue relazioni, squartando prima la comunità cristiana, poi anche quella umana.
Ecco perché non dobbiamo staccarci dall’Eucarestia, celebrata, ricevuta, adorata, per non perderci, come persone, e non perdere la vita felice che il nostro Signore Gesù Cristo ci ha dato. Se viviamo una vita Eucaristica sapremmo affrontare le vicende di questo mondo perché avremmo sempre fissi i nostri cuori là dove è la vera gioia e nessuna prova ci abbatterà, nessuna sofferenza spegnerà lo splendore della vita cristiana, della vita comunitaria.
Un’altra cosa ricordiamoci, l’Eucarestia essendo relazione con la persona di Gesù, è una relazione che dobbiamo sempre cercare. Se viviamo di Cristo questo incontro dovremmo ardentemente desiderarlo e far di tutto per viverlo.
Un modo è facendo la visita al SS. Sacramento! In chiesa si viene per la Messa, ma in chiesa, anche dopo la Messa, c’è il Signore nel Tabernacolo. Non è che se la Messa non c’è la chiesa è vuota o non serve più, questo è quello che, in questo tempo di pandemia si può essere insinuato nelle nostre menti: siccome la Messa non c’è cosa vado a fare in chiesa? La Messa l’ho sentita per TV sono apposto! Ho preso la Messa del Papa, io!
Ricordiamoci in TV abbiamo sentito o visto la Messa ma non celebrata, perché per celebrare Messa occorre essere lì dove il Sacrificio avviene e parteciparvi con la nostra presenza attiva che non è fare qualcosa, un servizio, ma offrirsi con Cristo sull’altare, lì, dove, tra i doni che ci ha dato, offriamo “la vittima pura, santa e immacolata, pane santo della vita eterna e calice dell’eterna salvezza” (Canone Romano); certamente, in questo momento storico, non si poteva fare diversamente e allora tra niente e qualcosa è meglio qualcosa! Comunque la visita in chiesa, anche in questi momenti particolari, di vita ristretta, costretta, era possibile! Vado a far spesa, vado in farmacia, vado dal giornalaio, vado dal tabaccaio, vado a far una passeggiata, metto in conto di andare a trovare una Persona carissima, l’affetto degli affetti, Gesù presente personalmente nel tabernacolo? Quanti di noi non sono potuti andare a trovare le loro mamme, i loro figli, in questo tempo di lockdown, quale desiderio di poterli vedere dal vivo e non solo virtualmente, su WhatsApp; appena abbiamo potuto la prima visita è stata proprio per loro; nostro Signore per me chi è?
Un grande Vescovo e martire, S. Ignazio d’Antiochia, nel suo viaggio verso Roma, dove sarebbe stato ucciso durante i giochi nel circo, scrisse diverse lettere a diverse comunità cristiane. In una di queste lettere, quella scritta ai Romani, descrive la sua vita come una celebrazione eucaristica e, tra le tante affermazioni, dice: “Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo e come bevanda voglio il suo sangue che è l’amore incorruttibile”. Aver questi sentimenti, desideri, vuol dire aver chiaro che l’Eucarestia, essendo la vita del Figlio di Dio, Gesù Cristo, data per noi, non ne possiamo fare a meno. “Sine Dominico non possumus”.
Fratelli e sorelle, siamo stati in questi mesi, provati, saggiati, “come oro nel crogiolo”in riferimento a ciò che è essenziale e indispensabile, lo abbiamo compreso? Quale il risultato? E’ tempo di riprendere, pian piano, la normalità, quanto entusiasta sono? Quanto desiderio ho della Comunità, della Liturgia, dei Sacramenti?
Ascoltiamo tutti l’invito di Gesù: “Venite a me, voi tutti affaticati e oppressi e troverete ristoro”: e rispondiamogli: eccomi Signore io vengo!
Cosi anche per noi, come per i due di Emmaus: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” e grande e piena sarà la nostra gioia.
IL VOSTRO Parroco